Cinquant¿anni sono un segmento di tempo ragionevolmente collaudato per guardare indietro, nel tempo, senza il pericolo della nostalgia e senza il rischio di enfasi. Cinquant¿anni ci separano dagli avvenimenti che gli autori di questo libro prendono in esame: il Sessantanove e poi, a ritroso, i fatti dell¿anno precedente e quelli ancora prima, quando l¿Italia si trova immersa dentro le trasformazioni della modernità. Nostalgia ed enfasi sono atteggiamenti nocivi allo sguardo dello studioso: la prima indulge verso un compiacimento emotivo che può finire nella retorica del come eravamo..., la seconda corre il pericolo di amplificare i dati, ingigantire gli esiti, falsificare la percezione. Entrambi i rischi si corrono quando si analizza un periodo felice e lo si mette soprattutto a confronto con un presente di minore spessore. Ma è un rischio da cui non sono stati toccati gli autori dei saggi radunati in questo volume. In nessuna pagina si avverte il sospetto del compiacimento e nemmeno l¿ombra di una malinconica retrospettiva. Semmai è forte il tentativo di ricostruire un¿epoca che ha i contorni del mito: ricostruirla settore per settore, dalla letteratura al cinema, dalla pubblicità alla comunicazione aziendale, dalla musica alla televisione, confermando una scelta di metodo che privilegia la dimensione politecnica del libro, il suo essere punto di convergenza di indagini sviluppate su forme e linguaggi diversi.