È stato dimostrato che la reclusione in isolamento ha effetti dannosi sulla salute mentale, portando alcuni a concludere che l'isolamento può equivalere alla tortura. È evidente che l'isolamento può essere uno strumento potente per reprimere i prigionieri, ma è stato raramente studiato al di fuori di un contesto occidentale e democratico. Questo studio di caso analizza l'uso dell'isolamento per gli ex prigionieri politici della Birmania (Myanmar) da prospettive psicologiche, sociologiche e dei diritti umani. Le interviste con gli ex prigionieri politici dimostrano che l'isolamento era al centro di una serie di problemi legati ai diritti umani. I prigionieri politici erano tenuti in celle squallide, spesso senza cibo o accesso all'assistenza sanitaria, privati di cibo e sonno o sottoposti ad altre forme di tortura. Queste condizioni disumane non hanno portato solo a problemi di salute mentale, ma anche a problemi di salute fisica di lunga durata. In Birmania, l'isolamento è stato utilizzato, come la prigione, come strumento di repressione. L'isolamento è stato usato come un'estensione dei regimi politici birmani, punendo chiunque osasse battersi per i diritti umani. Questo lavoro vuole essere un nuovo punto di vista per informare il dibattito accademico e politico sulla detenzione in isolamento.