L'autore non sembra avere perso la frenesia del viaggiare, la brama d'avventura e propone meticolose descrizioni di paesaggi incantati, a volte avvolte in un alone di struggente magia, incontri con personaggi a volte bizzarri, a volte curiosi, in ogni caso mai banali, come i tartari o gli ucraini con cui va a cena. Il capitalismo ha invaso, senza più limiti, anche gli ex paesi dell'area d'influenza sovietica ed, il viaggio si tinge, perciò, di malinconia, raramente trovando la tranquillità, la pace interiore, le scene di vita agreste, l'umanità che riempivano le pagine di Io Vado. Il tramonto dell'est europeo, inteso non come punto geografico, ma come luogo contrapposto anche culturalmente all'occidente è, forse, il tema dominante dell'opera. Troppo traffico, prezzi troppo cresciuti, l'indifferenza dei nuovi arricchiti e troppi turisti borghesi: insomma, sempre troppo, quindi, molto meglio l'est di un tempo, certo più povero, ma più ancorato alle sue tradizioni e per questo più vero.
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