L'autore parte dall'affermazione categorica che ogni licenziamento senza giusta causa è un atto giuridicamente discriminatorio e quindi incostituzionale e nullo. Così facendo, risignifica termini come dignità e discriminazione in senso strettamente giuridico e, allo stesso tempo, elabora e chiarisce il concetto centrale di "discriminazione oggettiva", indicando gli elementi essenziali per la sua configurazione. In questo modo, pone le basi e i punti di partenza per una teoria generale dei diritti umani, che servirà come pietra angolare per una futura giurisprudenza e, forse, per una riforma legislativa, che l'autore ritiene necessaria per la protezione legale dei diritti umani in generale e di quelli specifici legati al lavoro, come il diritto "al lavoro" e alla "stabilità del lavoro". Infine, viene confermata la tesi scientifica iniziale, secondo la quale ogni licenziamento senza giusta causa è un atto discriminatorio, poiché, avendo come causa oggettiva e reale la condizione di dipendente di un qualsiasi lavoratore subordinato, sì e solo sì, sarà lesivo del valore della dignità, intesa come valore-obiettivo supremo della realizzazione umana.