Negli ultimi dieci anni sono aumentate le prove che l'elemento uranio non può essere valutato in modo sicuro con il modello convenzionale di rischio da radiazioni, quello della Commissione Internazionale per la Protezione Radiologica (ICRP). L'autore inizia discutendo alcune questioni filosofiche che riguardano la scienza alla base dello sviluppo storico della comprensione del rischio da esposizioni croniche interne e acute esterne. Tra queste, l'applicabilità del concetto medio di "dose assorbita" a elementi, come l'uranio, che hanno affinità chimica con il DNA. Continua passando in rassegna le prove che dimostrano che l'uranio, soprattutto se assorbito per inalazione come particolato, rappresenta un grave rischio genotossico, che si manifesta con danni cromosomici, malattie ereditarie e cancro a dosi convenzionali molto basse. Infine, presenta nuove prove relative all'Effetto Fotoelettrone Secondario, in base al quale gli elementi ad alto numero atomico, come l'Oro e l'Uranio, che hanno sezioni d'urto di assorbimento molto elevate per le radiazioni fotoniche di fondo naturali, concentrano tale energia e la riemettono sotto forma di fotoelettroni nei tessuti locali.
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