C'è un'epopea di un popolo dimenticata da secoli. Ci sono dei personaggi, tra i più grandi dell'umanità, del tutto trascurati. C'è una storia, grandiosa, mai narrata prima. È quello che racconta questo libro, rompendo l'oblio e conducendo i lettori in un viaggio avventuroso lungo tutto il continente americano. Siamo nei decenni finali del XV secolo e all'inizio del successivo e i protagonisti di questa avventura sono gli Incas, il popolo del più importante e potente impero dell'epoca precolombiana: I Figli del Sole. A volere queste esplorazioni, probabilmente, fu Túpac Yupanqui, imperatore inca in quegli anni, e, successivamente, suo figlio Huayna Cápac. Entrambi erano mossi da un'insaziabile brama di conquista che pareva non avere limiti. Le truppe incas intrapresero così una serie di viaggi perlustrativi senza precedenti: dalle terre del Sud America al Centro America, dalle isole dei Caraibi fino al Nord America e, forse, persino fino all'Alaska. L'Autore ci conduce a fianco dei soldati dell'esercito inca, i mitimaes militari, lungo i probabili percorsi di esplorazione compiuti in quei decenni. Lo fa riportando testimonianze storiche, indizi e prove di tipo archeologico, dimostrazioni di eredità linguistiche, racconti e conoscenze preziose raccolti direttamente sul territorio in anni e anni di ricerche. Dai dipartimenti colombiani del centro-nord, seguiamo il cammino degli Incas fino in Venezuela e poi nelle isole dei Caraibi. Accompagniamo il loro viaggio attraverso la fitta e tuttora impenetrabile giungla del "Tapón del Darién" verso Panamá e il Costa Rica, e da lì nella selva della Mosquitia honduregna dove viene fondata una vera e propria città, la Yuraq Llaqta (Ciudad Blanca), l'El Dorado inca del Centro America. Il libro ci mostra i mitimaes militari incas costituire una grande colonia nell'El Salvador occidentale e nel Guatemala meridionale. Secondo le stime dell'Autore, al momento dell'arrivo degli spagnoli, vivevano in quei territori circa 50.000 soldati incas pronti a invadere il Centro America e l'impero azteco, proposito fallito solo per l'inaspettato e tragico arrivo dei conquistadores nei decenni che seguirono la scoperta europea dell'America. Eredità della loro presenza è la sedicente lingua Xinca, oggi praticamente estinta. Questo idioma, come scoperto dallo stesso Autore, non è altro che un dialetto del Quechua (il trentottesimo), la lingua parlata dagli Incas. Da quell'avamposto fondato nella Mesoamerica, probabilmente gli stessi mitimaes militari raggiunsero, in varie spedizioni esplorative, il Messico, il Sud-Ovest e il Nord-Ovest degli Stati Uniti, e forse la gelida Alaska. Ma come può l'Autore sapere che gli Incas sono usciti dai confini del regno andino per perlustrare, in previsione di future invasioni militari, un continente così immenso? Perché nessuno storico, prima di lui, racconta questo fatto? Binda è lo scopritore del Codice Pakasqa, la scrittura segreta degli Incas, rimasta nascosta ai nostri occhi dopo l'implosione dell'impero del Tahuantinsuyo avvenuta a seguito dell'inatteso arrivo dei conquistadores spagnoli. Gli Incas possedevano, a differenza di quanto affermato nei libri di storia, un proprio linguaggio scritto di tipo pittografico-ideografico. Era una scrittura composta da migliaia di simboli primari e secondari incisi sulle rocce, il cui significato è stato decodificato dall'Autore stesso, dopo decenni di studi e ricerche. Questi simboli contenevano, questa è l'essenza della questione, dei messaggi rivolti all'esercito inca sul contesto socio-ambientale dei territori esplorati, utili nell'ottica di una futura possibile campagna di conquista. È appunto seguendo la presenza dei petroglifi incas che, in questo libro, si può svelare una straordinaria verità storica: i Figli del Sole, in preparazione di possibili invasioni, hanno esplorato in più occasioni il Sud America, il
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