Questo libro abbatte in modo definitivo un "mito" della storiografia ufficiale occidentale: la scoperta europea dell'Oceania. Magellano, nel suo viaggio di circumnavigazione del globo, compiuto tra il 1519 e il 1521, raggiunse le isole Marianne, nel Pacifico. Circa tre decenni dopo la scoperta dell'America gli europei appresero così l'esistenza di una nuova parte del mondo. Ci vorranno poi due secoli e mezzo, fino all'esploratore inglese James Cook, per avere un'esatta rappresentazione dell'immenso continente oceaniano. Eppure... Eppure, diverse cronache del Cinquecento riportano una storia differente. Secondo quanto scrive, ad esempio, l'esploratore e scrittore spagnolo Pedro Sarmiento de Gamboa, Túpac Yupanqui, futuro imperatore inca, partì nel 1465 alla conquista dell'Oceano Pacifico con un'imponente flotta di zattere di balsa, con a bordo più di ventimila soldati. Riportano notizie simili altri cronisti dell'epoca: lo scrittore Miguel Cabello de Balboa e il frate Martín de Murúa. Qual è la verità? L'Autore cita tutti gli indizi e le prove che sarebbero già a disposizione del mondo scientifico sulle relazioni, intercorse in epoca precolombiana, tra i popoli del Sud America e quelli della Polinesia. Nel mondo accademico, però, si afferma che, se vi furono dei rapporti, questi erano dovuti alle imprese dei polinesiani, esperti navigatori, e non certo all'iniziativa di popoli come gli Incas, che non avevano le necessarie competenze per tentare delle traversate oceaniche. Binda smonta questa falsità storica, fornendo prove significative delle grandi capacità marinare delle civiltà Manteño-Huancavilca e Chincha, ubicate sulle coste degli attuali Ecuador e Perù. Questi esperti navigatori, con le loro veloci e maneggevoli imbarcazioni, le balsas, non avevano praticamente rivali nell'attraversare l'Oceano Pacifico. Furono loro a guidare e a trasportare fino in Oceania Túpac Yupanqui e i suoi ventimila soldati. In tempi recenti, come si racconta nel libro, sono state compiute ripetute traversate dell'Oceano Pacifico, dal Sud America verso la Polinesia, la Melanesia e l'Australia, con zattere costruite proprio sul modello delle antiche balsas sudamericane, per dimostrare che i viaggi transoceanici, in epoca precolombiana, erano assolutamente possibili. Ad esempio, lo spagnolo Vital Alsar, nel 1970 e 1973, rispettivamente con una e tre balsas, ha compiuto due incredibili traversate dall'Ecuador all'Australia, dimostrando definitivamente la fattibilità di questo tipo di viaggi attraverso l'Oceano. Ma la prova regina, incontestabile, dell'avvenuto arrivo degli Incas nelle isole dell'Oceano Pacifico sta nella presenza di numerosi petroglifi, di sicura origine andina, incisi sulle pietre di varie isole della Polinesia, Melanesia e Micronesia. Tramite una ricostruzione capillare e documentata, l'Autore dimostra come sulle rocce siano riportati in modo inequivocabile tutti i principali ideogrammi del Codice Pakasqa, la scrittura segreta degli Incas, scoperta dallo stesso Autore che rappresenta l'ultimo amawta vivente. Seguendo i petroglifi presenti in quelle isole, è in grado persino di mostrare al lettore l'itinerario più probabile seguito dalla flotta inca: Sud America, Isole Marchesi, Isole Gambier, Isole della Società, Arcipelago della Nuova Caledonia, isola della Nuova Guinea, Arcipelago di Bismarck, isola di Pohnpei (Ponape), Sud America. Túpac Yupanqui, il futuro imperatore inca, condusse con successo, nel 1465, la più grande traversata transoceanica mai tentata fino a quel momento, e può essere considerato, a tutti gli effetti, il "Cristoforo Colombo" dell'Oceania. Ironia della storia, Túpac Yupanqui scoprì il "Nuovissimo Mondo", l'Oceania, quasi trent'anni prima della scoperta europea del "Nuovo Mondo". Questo libro è il racconto e, insieme, la dimostrazione scientifica di quella incredibile avventura
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