Era la mattina dell'ultimo di gennaio del 1842, o del 1843, salvo il vero, e Milano, come quasi sempre le succede in quel torno, era tutta avvolta nella nebbia; una nebbia bigiognola, bassa, fitta fitta, proprio (si diceva così anche allora) da tagliar col coltello. Tuttavia, nemmeno col freddo nè col tempaccio, Pompeo Barbetta, che per colazione s'era ben bene impinzato di panna e di burro, non avea voluto rinunziare alla sua passeggiata per fare il chilo, e mentre l'orologio della torre dei Mercanti batteva le dieci e mezzo, egli, lemme lemme, sbucava, tutto inferraiolato e col naso sepolto nel bavero, da una delle tante stradette che facevano capo in Piazza del Duomo.
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