Il concetto di continuum cardiovascolare, introdotto all'inizio degli anni '90, ha creato una visione olistica della catena di eventi che collega i fattori di rischio cardiovascolari con il progressivo sviluppo del rimodellamento tissutale patologico e, in ultima analisi, con l'insufficienza cardiaca e la morte. La comprensione dei cambiamenti specifici dei tessuti e le nuove tecnologie sviluppate negli ultimi 25-30 anni hanno permesso di monitorare in vivo gli eventi di rimodellamento tissutale e di diagnosticare le malattie cardiovascolari in modo più affidabile rispetto al passato. Il prodotto tangibile di questa evoluzione è stata l'introduzione di una serie di marcatori biochimici, come la troponina I e T, che sono ora comunemente utilizzati in clinica per misurare il danno miocardico. Tuttavia, non sono ancora stati generati e utilizzati biomarcatori in grado di rilevare specifiche fasi precoci del continuum cardiovascolare. La maggior parte dei marcatori esistenti è utile solo nelle fasi finali della malattia, dove esistono poche opzioni di intervento efficaci.