Il libro affronta il tema del colonialismo italiano in Eritrea al "tempo di pace", individuando nella quotidianità coloniale, apparentemente pacifica e a-violenta, tutto il portato di morte potenziale ed effettivo scaturito dall'incontro colonizzato-colonizzatore. Un incontro questo che resta attraversato da una violenza non codificata, non visibile, "piccola", che rimanda al concetto di "continuum genocida" utilizzato da N. Shepers Hughes nei suoi studi e che calato nell'Italia coloniale coglie l'italiano nella sua "normalità" e nelle sedi (strade, scuole, case, cinema) dove inaspettatamente si consumano i meccanismi più sottili e mortiferi di inferiorizzazione dell'altro. L'autrice cerca di metterli in luce sostenendo, a conclusione del suo studio su un giornale eritreo del tempo, che il "continuum genocida" epistemologicamente modulato sui sistemi di dominio coloniali non si esaurisce nella pratica isolata e "visibile" del massacro ma si sfrangia in una moltitudine indeterminata di piccoli genocidi quotidiani che anticipano l'atto di morte pur non comportandolo necessariamente e che mantengono il filo con le discriminazioni ordinarie proprie degli attuali scenari post-coloniali.