Il protagonista crede di svegliarsi da un incubo. Qualcuno lo ha ucciso. Nessuno si è accorto del suo cuore sanguinante. Vuole vincere la solitudine e il dolore, ma si accorge di essere nessuno. Soffre. Si dilania. E' triste. Vorrebbe morire. Il diario prosegue così, con un continuo lamento per la solitudine in cui il protagonista vive, per il dolore che lo tormenta, per lo strazio di sentirsi inutile: un nulla, nessuno; e l'analisi nichilistica continua serrata e imperturbabile. Il protagonista è come se non ci fosse, ma tuttavia nell'incubo pensa ed esiste. Solo che non può riconoscersi nella dinamicità della vita. Il racconto ha la natura di un lungo lamento. Ma cos'è la compassione richiesta? E' una sorta di ammirazione al negativo che si implora. C'è dunque nel lamento una grande dose di narcisismo. Il protagonista è un personaggio essenzialmente letterario, una sorta di ultimo e di nuovo eroe romantico, leopardianamente illuminista. E in questo stanno una sua certa grandezza e unicità negativa.
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