I primi studi di linguistica ebraica in Italia e in italiano sono spesso ruotati intorno ad esponenti interessati del clero cattolico, a vaticanisti o sono stati formulati da studiosi classicisti comunque cattolici, come Leopardi. Gli studi propriamente linguistici, puntavano ad approfondire l'ebraico biblico per uno studio diretto dei testi sacri ereditati dall'Ebraismo nel Cristianesimo. La linguistica ebraica contemporanea invece, intende approfondire prevalentemente altri due filoni di studio: da un lato infatti, c'è lo studio dell'ebraico contemporaneo o ebraico israeliano. Dall'altro, poi, lo studio delle lingue ebraiche che si sono evolute nei secoli di Diaspora ebraica e che, con la Shoah, hanno subito un drastico crollo numerico di parlanti e di prestigio linguistico. Dallo studio delle lingue ebraiche diasporiche, si determina che il ladino è la lingua più diffusa tra gli israeliti sefarditi. Ladino che non ha avuto sorti considerevoli come lo Yiddish con gli israeliti askenaziti. Entrambe però, vivono oggi a metà strada tra una considerazione di sistema linguistico prossimo al dialetto, e una di sistema linguistico con tutta la dignità di una vera e propria lingua.