Il Paese che non è mio, opera dell'esule fiumano Giovanni Bettanin detto Nini, è un libro in tre parti. Dopo le dediche e i ricordi, la prima parte si apre con la storia di quel fabbricato, che ospitò anche il Campo di Raccolta Profughi di Cibali a Catania, dove l'autore trascorse cinque lunghi anni: dall'estate del 1950 al 1955. Poi viene dato rilievo al biblico esodo, innescato dai trattati di Parigi del 1947, che coinvolse 350.000 persone originarie dell'alto Adriatico orientale, ma già da prima avviato del terribile e vile attentato del 18 agosto del 1946 a Vergarolla. Nella seconda parte l'autore racconta l'abbandono definitivo di Fiume e la dolorosa esperienza dell'esodo della sua famiglia con le sue progressive tappe: Opicina, Udine ed infine Catania. Nel disagio e nella sofferenza della tendopoli di Udine tuttavia brillò un raggio di sole: l'amicizia con Maria Gabriella, una bambina piccola, gracile, biondissima, con due occhi vispi ed un sorriso brillante: "la sua fidanzata di sempre", che, nella convergenza di due destini paralleli, divenne la sua amata e diletta moglie. Colpisce inoltre tra i vari episodi della vita del Campo di Cibali la triste storia di Mafalda, una bella, ma ingenua e innocente fanciulla istriana. Nella terza parte, grazie alla sua preziosa documentazione fotografica, l'autore restituisce rare ed uniche immagini della quotidianità della vita al Campo di Cibali. Passano dunque sotto i nostri occhi la celebrazione delle sante cresime e del primo matrimonio, la sentita festa di San Vito in esilio, il gruppo religioso femminile Figlie di Maria, il quartetto musicale "siciliano-giuliano", il largo, ma impervio spiazzo, ove venivano disputate partite di calcio nei momenti di raro svago, il giovane Bettanin che suona la fisarmonica in compagnia dei suoi amici. Fuori dal Campo altre occasioni di evasione dalla dolente vita quotidiana erano rappresentate da scampagnate nella vicina campagna di S. Galermo o da gite a mare nella zona della scogliera. Grazie alla sua indefessa opera di "scrittore motivato" Giovanni Bettanin ha dunque mantenuto negli anni viva la memoria della vita al Campo Profughi di Cibali. Infine l'autore chiude con una nota pessimistica: l'humus fiumano si è ormai disperso nell'esodo e nulla potrà ormai farlo rinascere. Fra un secolo o anche meno interessarsi delle vicende di Fiume sarà come occuparsi di quelle degli ostrogoti!.
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