Quando Il Signore degli Anelli fu pubblicato negli anni '50, non si collocava comodamente tra le nozioni preconcette di genere letterario. Le risposte critiche riflettevano la confusione: per alcuni si trattava di una sgradita ricomparsa di standard narrativi che il modernismo avrebbe dovuto eliminare, o semplicemente di un brutto romanzo. Altri lo consideravano un'opera rinfrescante nelle tradizioni epiche e romantiche. Ironicamente, gran parte del pregiudizio critico riguardante la questione del genere ne Il Signore degli Anelli è stato motivato dallo stesso tipo di cecità che Tolkien denunciò nella sua famosa conferenza del 1936 Beowulf: I mostri e i critici: i mostri e i critici. Come Beowulf, anche l'opera di Tolkien non è stata adeguatamente apprezzata e valutata a causa di un generale rifiuto di accettare la centralità dei mostri, perché nonostante la sua 'mostruosa' originalità e l'ambientazione fantastica, è molto chiaramente, e non solo cronologicamente, al centro della letteratura del Novecento. Il presente volume è un tentativo di rendere conto della particolare interazione di genere che governa il racconto di Tolkien e di metterlo in una relazione significativa con il contesto letterario contemporaneo. Allo stesso tempo, è una ricerca per rintracciare uno dei mostri letterari più famosi e sfuggenti del secolo scorso, riempiendo uno spazio bianco a lungo trascurato sulla mappa della letteratura comparata e della critica di genere. La presente edizione italiana si impreziosisce di alcuni piccoli aggiornamenti e precisazioni che il curatore ha concordato con l'editore originario, Walking Tree Publishers, e con l'autore stesso.
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