"Il silenzio dei vivi" vuole approfondire i legami tra teatro e danza e sviluppare il concetto più ampio di drammaturgia per cui non è solo il testo a costruire lo spettacolo. La messa in scena attraversa l'analisi storica sugli orrori della Shoà, ma vuole soprattutto raccontare di quella che forse è stata una delle fasi più buie della storia dell'umanità. La stesura teatrale prende vita da riadattamenti di varie opere letterarie sull'argomento parallelamente ad un'approfondita ricerca documentaria e ad una selezione delle fonti storiche riguardanti il genocidio degli ebrei. Le vicende avvenute nei campi di concentramento rappresentate derivano da dirette testimonianze di sopravvissute, il taglio sarà quindi, contrariamente al solito, al femminile, e proprio per questo muove i suoi passi sulla scena un coro prettamente di donne dove l'uomo è sempre carnefice, mai vittima. Due i testi principali presi in esame: "Il fumo di Birkenau" di Liana Millu, scritto a ridosso dell'esperienza concentrazionaria, che racconta sei storie di sei donne tragicamente scomparse nel lager di Birkenau; e "Il silenzio dei vivi" di Elisa Springer, scritto ad oltre cinquanta anni dalla liberazione.
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