Romanzo autobiografico scritto nel 1896-97 tratta della vita di Strindberg durante e dopo il suo soggiorno a Parigi ed esplora, in una sorta di diario al quale Strindberg affida tutto se stesso, le sue molteplici ossessioni. La sua vita fu, come noto, una successione di cataclismi: il più brutale e, nel contempo, fecondo, fu proprio quello del 1895, quando, a Parigi, la 'mano dell'invisibile' lo precipitò in un'esperienza sconvolgente, catapultandolo in un susseguirsi di paranoie che ne tormentavano l'animo. In "Inferno", Strindberg si rivela al lettore come l'alchimista delirante che, in squallide stanze d'albergo, tenta di trasformare il piombo in oro; come una mente ossessionata per la quale ogni fatto diviene necessariamente segno e ogni coincidenza 'corrispondenza'. La sua scrittura ci conduce così tra il dramma cosmico e la farsa, tra il soprannaturale e il quotidiano, in una concatenazione di eventi che paiono condurlo a un sempre più tragico destino.
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