Gerusalemme è la città più "immaginata" di sempre. Sognata e rappresentata in testi letterari, narrativi e poetici, e in iconografia ridondante di pietre preziosissime, con le sue merlature e le sue porte. Dal mondo ebraico questo interesse per la città santa si è trasmesso a quello cristiano, transignificando il portato teologico ed ecclesiologico delle sue immagini ma con la costante della tensione verso il futuro, sia esso storico sia esso metastorico e, dunque, propriamente escatologico. Già nei testi profetici di Ezechiele e di Isaia fino all'elaborazione dell'Apocalisse, passando per diverse declinazioni intermedie, quel che si narra e si descrive è la nuova Gerusalemme, fatta dalle mani di Dio per il popolo redento. Quale relazione intercorre fra questi "progetti" della città santa e l'immagine che la comunità credente ha di sé nella sua apertura al futuro? In un tempo di crisi globale come quello presente è necessario tornare a sognare con le categorie simboliche della Gerusalemme celeste, per ritrovare il bandolo della matassa e come Chiesa progettarci sul "modulo" suggerito da Dio al suo popolo.