Aubenque, analizzando la critica di Kant alla nozione cartesiana di soggetto sostanziale, pone la seguente domanda: "Infatti, perché supporre una sostanza dietro gli attributi, se la sostanza non è altro che l'essenza, cioè l'unità degli attributi essenziali o, come dice Cartesio, l'atto che rivela l'essenza?". Egli si chiede perché sia necessario un sostrato reale per dare fondamento agli attributi, dal momento che questi sono proprio "l'atto che rivela l'essenza". Per Kant questa domanda rappresenta una posizione fondamentale della sua filosofia, in quanto vuole liberare il soggetto da una precisa determinazione ontologica. Questa liberazione ontologica è espressa da Kant quando, all'inizio della sua critica della sostanzialità dell'io pensante, commenta il posto del giudizio "io penso" e indica questo concetto come: "presente in tutto il pensiero e indipendente da tutta l'esperienza", cioè una mera condizione logica (e non ontologica). Questo porta a una nuova posizione sul tema che possiamo considerare. Esaminare questa svolta a favore di una non-ontologia operata dalla lettera del testo kantiano è una condizione per comprendere come la soggettività emerga nella sua filosofia.
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