Giovanni Orelli è stato un lettore vorace, pronto a trasmettere a chiunque lo ascoltasse (a cominciare dai suoi studenti di liceo) l’amore per la letteratura. È così che fin dagli anni Ottanta cura per un settimanale di ampia diffusione una pagina letteraria in cui recensisce, accanto a qualche novità editoriale, soprattutto riproposte e nuove traduzioni di classici. Sofocle, Dante, Goethe, Leopardi, Manzoni, Tolstoj… Per oltre trent’anni presenta ai suoi lettori quei «libri magnificamente atti a salare il sangue». Con la scioltezza dell’acrobata e quella lingua personalissima che ha fatto la notorietà dello scrittore, Orelli salta giocosamente da un secolo all’altro passando da Aristofane a Shakespeare, da Kafka a Rabelais (che sconsiglia a coloro che «arricciano il naso alle frequentissime parole non pettinate»), da Pavese a Kundera. Mai solenne o reverenziale nei confronti dei grandi autori di tutti i tempi, Orelli è (e in questo ricorda il Manganelli consulente editoriale) profondamente passionale, prensile, instancabile nel visitare quegli «inesauribili mondi» che sono i classici e nel condividere la gioia della loro lettura.