"Tutto parla nella mia opera". Con queste parole Jean de La Fontaine si riferiva alle sue Favole, un'opera che - nel panorama letterario della Francia del XVII secolo - rimane una delle più emblematiche e più studiate dalla critica. Sappiamo che il favolista stava vivendo un periodo molto complesso, ricco di implicazioni in termini di rapporto tra potere e letteratura, tra scrittore e società. La Fontaine ci invita a non limitarci a un'analisi superficiale e ci spinge a porci delle domande sulla sua opera: in che senso la sua opera "parla" e il potere politico ha un'influenza diretta sulla sua opera? Come può un'opera come le Favole, apparentemente convenzionale e allo stesso tempo carica di significato universale, inserirsi in un progetto più ampio di critica e denuncia della società e in particolare della gerarchia politica? In che modo La Fontaine raggiunge l'obiettivo di rendere le sue favole, un genere che ha origine nell'antichità, sempre attuali e aperte all'interpretazione, alla luce degli eventi storici vissuti dall'autore?
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