Tra il 7 novembre 2011 e il 9 maggio 2012 furono intercettate 9.295 telefonate su utenze telefoniche in uso all'ex senatore ed ex ministro Nicola Mancino, sottoposto ad indagini nell'ambito della cosiddetta "trattativa" tra Stato e mafia per i fatti avvenuti tra il 1992 e il 1994. Quattro di quelle telefonate avevano avuto come interlocutore l'allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Le intercettazioni telefoniche dei colloqui del Presidente della Repubblica, captati accidentalmente nel corso di un'indagine legittimamente disposta a carico di terzi, dovrebbero essere immediatamente interrotte? Una volta realizzate, possono essere utilizzate in giudizio nei confronti del Presidente o di terzi oppure devono necessariamente essere distrutte? In caso di risposta affermativa quando e come si deve procede alla distruzione, e soprattutto in virtù di quale disposizione normativa? Nel caso in cui nelle suddette intercettazioni si rilevino tracce di gravissimi reati, come l'ordinamento può garantire la tutela dei princìpi costituzionali supremi? Le risposte a questi quesiti sono contenute nella Sentenza della Corte Costituzionale n° 1 del 15 Gennaio 2013