L'art. 60-bis, D.P.R. n. 600 del 1973 (T.U. Iva), consente all'Agenzia delle Entrate di contestare una maggiore base imponibile Iva, per cessioni aventi ad oggetto determinati beni interessati da fenomeni di frode, allorquando il corrispettivo pattuito sia inferiore al valore normale, cioè al prezzo normalmente praticato sul mercato. Inoltre l'art. 60-bis chiama a rispondere della maggiore imposta, oltre il cedente, anche il cessionario del bene, il quale di regola non sarebbe responsabile del versamento del tributo. La norma ha lo scopo di allargare la garanzia patrimoniale dell'erario, il quale potrà rivalersi verso due soggetti anziché uno solo, e di disincentivare l'acquirente a consentire l'occultamento del corrispettivo da parte del venditore. Tuttavia l'art. 60-bis può comportare gravi ricadute sul diritto di difesa del contribuente e si espone a dubbi di incostituzionalità oltre che di incompatibilità con l'ordinamento europeo. Infine, desta molte perplessità la prassi dell'Agenzia delle Entrate di applicare l'art. 60-bis attraverso l'iscrizione a ruolo delle somme a carico del cessionario, omettendo la notifica di un preliminare avviso di accertamento.