I processi per crimini di guerra successivi all'Olocausto sono sempre stati oggetto di controversie sia politiche che legali e spesso riflettono in modo significativo la natura mutevole della giustizia. Uno di questi processi, portato quasi subito all'attenzione mondiale negli anni Ottanta, si è incentrato sul caso di Ivan ¿John¿ Demjanjuk, un operaio ucraino che viveva nei sobborghi di Cleveland, in Ohio. Demjanjuk divenne il primo cittadino naturalizzato statunitense a essere denaturalizzato due volte, il primo accusato di nazismo estradato dagli Stati Uniti a Israele e l'involontario manifesto della capacità didattica del sistema legale internazionale. È stato anche il soggetto di una delle indagini più pubblicamente fallite della storia degli Stati Uniti. Il caso Demjanjuk mette in discussione l'efficacia e le capacità di redenzione di un sistema giuridico globale così legato a realtà politiche esterne, oltre a evidenziare i fallimenti e i punti di forza di tale sistema come arbitro della giustizia. Questo libro esamina gli effetti che le circostanze politiche e sociali hanno sullo sviluppo di uno specifico processo per crimini di guerra, offrendo allo stesso tempo informazioni contestuali sulla natura più ampia della giustizia postbellica per le vittime e gli autori di atrocità.
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