Il mio interesse per il tema dello Stato corporativo è stato stimolato dalla crescente irrazionalità delle relazioni internazionali e della politica. Le élite politiche nazionali si sono immerse nel regno virtuale della "patologia della politica" di Morgenthau. Da un lato, lo Stato si è avventurato nella prospettiva della globalizzazione che richiede la condivisione della sovranità. Dall'altro, lo Stato moderno è consapevole che la condivisione della sovranità richiede un sottile equilibrio di interessi tra i Paesi. Non è possibile bilanciare gli interessi in campo internazionale senza prima bilanciare gli interessi interni delle comunità interessate. Nell'attuale modello liberale onnipresente di accordi economici e politici, lo Stato non è in grado di bilanciare gli interessi nazionali, poiché le strutture sociali manifestano il "bellum omniae contra omnes" hobbesiano piuttosto che l'allineamento degli interessi delle comunità. Lo Stato corporativo è solo in grado di realizzare un'armonizzazione strutturale degli interessi nazionali, raggiungendo così la cooperazione piuttosto che la competizione, ovvero la lotta reciproca. Il raggiungimento di una cooperazione non basata sulle classi richiederà principalmente un nuovo modello di organizzazione economica e di rappresentanza politica.