La donna vive su una corda tesa: tra il desiderio di conoscere la sessualità altrui e quello di confrontarsi con la propria; tra l'essere istigata al sesso e il giudicarlo in determinate circostanze; tra l'essere ancora colei che si occupa dei figli, della casa, che ha bisogno, molte volte, della presenza maschile per la realizzazione personale; e l'essere colei che lavora al di fuori dei limiti della casa, che mira a una felicità anche professionale e che è il soggetto attivo della sua vita. In questa altalena, la prostituta emerge acuendo l'immaginario sociale, soprattutto quello creato dal biopotere, che ha relegato a questa donna un luogo di decadenza morale, di degradazione, creando visioni polarizzate della sua immagine: a volte la vittima, a volte la donna fatale. Leggendo le narrazioni prodotte dalle professioniste del sesso, tuttavia, ci si rende conto che, al di là della dicotomia, esiste una pluralità di sfumature della loro professione che mette in tensione l'interdetto della sessualità. La donna, quindi, si responsabilizza scrivendo le sue memorie. Diventa partecipe della sua storia, prende ago e filo e cuce il suo destino. Diventa una filatrice di se stessa.