Il lavoro esplora l'advocacy umanitaria pubblica volta a sostenere le questioni umanitarie derivanti dalle crisi legate ai conflitti. Si sviluppa intorno a due argomenti. In primo luogo, nell'attuale contesto umanitario l'advocacy ha perso la sua originaria connotazione positiva e ha assunto implicazioni negative, trasformandosi così in una "parola buona andata male". In secondo luogo, il rapporto tra agenzia e media ha generato svantaggi per gli umanitari che li hanno spinti a esplorare l'uso di vettori alternativi ai media. Il lavoro analizza l'evoluzione dell'advocacy umanitaria, individua le principali ragioni della sua deviazione e fornisce quadri concettuali e teorici per la sua comprensione. Esso indaga due iniziative in linea con il significato originale dell'advocacy. Esamina i motivi per cui le agenzie devono rimodellare le loro relazioni con i media ed esplorare vettori alternativi per trasmettere i loro messaggi. Conclude con uno studio delle ragioni, dell'efficacia, dei vantaggi e delle sfide che stanno dietro all'uso dell'advocacy delle celebrità. Il lavoro fa luce su un argomento poco analizzato e ricercato, ed è di interesse per gli umanitaristi e i ricercatori nel campo dell'umanitarismo dei conflitti e della comunicazione di guerra/crisi.
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