"[...] Ecco, se c'è un elemento che caratterizza, di sghimbescio, le liriche di Pannunzio è l'oblio: oblio del passato doloroso, oblio di chi non ama, oblio delle delusioni e delle sconfitte, come se - nel suo animo - quest'uomo covasse quasi il leopardiano desiderio di "schiv[are] gli spassi" e di allontanarsi da ogni situazione che possa turbare l'equilibrio instabile che egli ha faticosamente raggiunto negli anni. [...] E se le lacrime sono un segno di debolezza vitale, Pannunzio le rifiuta stilnovisticamente, come non degne della sua essenza di uomo, tuttavia riservandosi di esprimerle in un ardimento privato che però - talvolta - può anche essere distrutto dalla troppa solitudine interiore" (CATALDO TEATINI)
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