Il dado, il filo, la chiave, l'anello, lo specchio, il bottone e la sfera sono cose semplici che incontriamo quotidianamente, ma di cui spesso ci dimentichiamo, perché la cultura contemporanea sempre più si lascia ammaliare dalla complessità dei sistemi e dalla leggerezza delle realtà virtuali. Questo saggio, facendo il controcanto alle cinque Lezioni americane di Italo Calvino, esamina come le "cose semplici" di fatto spesso dimostrino la loro importanza nella semplicità, nella lentezza, nella pesantezza, nella singolarità, nella stessa invisibilità. Ma la loro "consistenza" - questa appunto avrebbe dovuto essere la sesta Lezione - risiede appunto nel fatto che la loro forza, simbolica e reale sta proprio nel fatto che sono cose concrete, che tutti possiamo toccare, anche quando assumono un significato metaforico. I sette oggetti semplici avrebbero potuto essere accompagnati da molti altri esemplari, ma questo libro deve rimanere soprattutto uno stimolo affinché si possa ricuperare una maggiore attenzione alla concretezza delle cose, che non è solo importante quando sono riposte nelle vetrine di un museo di cultura materiale, ma perché sono parte di noi. Letteratura e tecnica, arte e filosofia, musica e cronaca, ogni giorno dimostrano come queste "cose" siano le vere protagoniste di quella che i francesi chiamano civilization: l'Anello del Nibelungo, il Bottone di Pushkin, e il "dado brunelleschiano" sono soltanto alcuni esempi di come queste "cose" abbiano trovato un posto d'onore nella storia. E questo è un libro in cui si raccontano tante storie, come le fiabe che introducono le nostre cose, per farci entrare nel loro mondo accompagnati dalla fantasia.
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