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Fantasioso alla Govoni e alla Palazzeschi delle più felici maniere Gioacchino Caruso in questa seconda raccolta "1899 Verso l'ignoto" è ancora una volta finalista alla XVIII edizione del Premio Italia Letteraria. In lui prevale sempre molto felicemente l'elemento fantastico, che colora d'ogni iridata fulgidezza la sua ricca ispirazione. I suoi versi sono brevi e taglienti come lame. La rivista Bacherontius nel numero di luglio-agosto 2009 sulla sua opera prima "9006. Poesie misurate dalla Luna" si esprimeva così: «C'è una profonda ed epica ironia in queste poesie che riscoprono in pieno l'uso…mehr

Produktbeschreibung
Fantasioso alla Govoni e alla Palazzeschi delle più felici maniere Gioacchino Caruso in questa seconda raccolta "1899 Verso l'ignoto" è ancora una volta finalista alla XVIII edizione del Premio Italia Letteraria. In lui prevale sempre molto felicemente l'elemento fantastico, che colora d'ogni iridata fulgidezza la sua ricca ispirazione. I suoi versi sono brevi e taglienti come lame. La rivista Bacherontius nel numero di luglio-agosto 2009 sulla sua opera prima "9006. Poesie misurate dalla Luna" si esprimeva così: «C'è una profonda ed epica ironia in queste poesie che riscoprono in pieno l'uso della rima, intesa come elemento essenziale per la musicalità del verso: "Sorge dall'acqua per scorrer nel rame, / sorge dal sole per viaggiar nel cavo, / sorge dal vento per servir lo sciame, / sorge dal nucleo, percorre l'incavo" o ancora nella spassosa A(?)rtopedico: "Dottore dei calli, / dottor delle ossa, / dal tempo dei Galli, / all'Armata Rossa. / Dall'anno Duemila, / fin tanto che dura, / in ortopedia. / sanar la frattura". Un po' sciarade, in fondo, con la levità si toccano anche i temi più ostici a cominciare dalla visionaria profezia del titolo 9006, annuncio di Apocalisse. Tra le amenità un po' di provocazione e qualche sprazzo di temi alti. Raccolta di esordio che promette bene, forse ci vorrebbe anche la prova di una poesia più dura ed evoluta». Già da come comincia il suo canto in questa seconda raccolta indovini la trama del vario colorito tessuto; Precipitevolissimevolmente:"Per oro, per moneta o vana gloria, / ruffiani verso gli altri, schiavizzati. / Giammai riconoscenza dalla storia, / valori e libertà ormai ammainati. / Celerità ed ansie, lavorare, / come il denaro può ridur la mente. / Un motto solo c'è nell'operare: / PRECIPITEVOLISSIMEVOLMENTE. / E allora si lavora per la vita? / Mai più, si vive sol per lavorare!" Nelle poesie di "1899 Verso l'ignoto" vi sono dei versi piuttosto profondi, densi di pensiero, vibranti di una buona armonia interiore. Comunque lodevole è lo sforzo di questo poeta nel quale intravvediamo un luminoso cammino. Il poeta merita gli elogi anche per l'alto disegno che persegue e la nobiltà di una poesia che non batte le strade consuete, anzi da esse di allontana per toccar alte vette immense in traslucidi orizzonti. La produzione poetica, in periodo di tempo che si direbbe del tutto negato alla poesia, essendo imbevuto più di materialismo che di spiritualità, è maggiore di quanto uno possa pensare: molti, moltissimi, e specialmente giovani, sono coloro che nella poesia cercano il loro campo d'evasione, la loro ora azzurra, il sereno conforto alle amarezze ed alle delusioni che la vita quotidiana impone. Mentre in altri tempi fare il poeta poteva anche essere un mestiere, come fare il pittore. Oggi nessuno vive dei frutti della poesia. Si vedono certi che esercitano professioni che fanno a cozzo con la poesia che, nelle ore libere, nelle ore di ozio (direbbero gli antichi latini) si mettono a parlare con le Muse, chiedono loro ispirazione e buttano giù versi. Non tutti saranno belli, ma certo tutti sono buoni: servono cioè a tingere d'azzurro la vita, a far vivere lo spirito, a far sognare, sorridere, a inebriare di luce e d'armonia, a illudere, a porre argine ai dilaganti orrori della vita. E quando la poesia raggiunge questo scopo, sia la benvenuta e le si faccia tanto di cappello. Che la poesia è conforto, talora una gioia per chi non può vivere, è il concetto espresso nella nuova poesia che fa da introduzione ai libri dei non addetti ai lavori.