Questo non è un romanzo che parla di dislessia, sarebbe troppo riduttivo dire che l’argomento principale è una storia che racconta delle difficoltà di chi vive questo problema.
In realtà è uno sguardo attento e preciso, un taglio di visione molto particolare sul mondo attraverso gli occhi e le capacità creative di una ragazza che usa quella particolare modalità di apprendimento.
É attraverso il suo filtro positivo che il mondo viene visto, studiato, compreso e anche cambiato.
Il mondo della scuola, rigido, bloccato negli stereotipi, impotente, incapace di comprendere le difficoltà, di fronteggiare le diversità, tutto preso a giudicare e stigmatizzare e non a dare chiavi di lettura del fattibile per rendere la vita vivibile, lo studio un’impresa possibile.
Lo sguardo penetra il mondo degli adulti, così inquieto e spaventoso, fonte di contraddizioni così forti da far vacillare qualunque certezza; in cui comprendere cosa sia l’amore è un percorso difficile e pieno di accidenti.
L’occhio attento scruta con consapevolezza l’adolescenza e il mondo in cui si relaziona e ne mette a nudo la fragilità, la forza, le tensioni, i pericoli, le gioie e il perenne stato di sorpresa che il vivere procura in quei giovani animi.
La gioventù non è tutta sciatta, insignificante, priva di rispetto o di ideali, i protagonisti di “200 giorni” sono giovani con doti particolari, sanno empatizzare con gli altri, sanno donarsi e pensano che per ogni ostacolo c’è una soluzione, che bisogna cercarla e non arrendersi mai, che se la si cerca in tanti è più facile trovarla.
Sono tantissimi i problemi che bisogna guardare in faccia e affrontare con un bagaglio di esperienze piccolo piccolo, la paura che l’ignoto ti procura, la confusione che nasce dal silenzio degli adulti.
Non si può superare ogni cosa da soli, ma bisogna poter contare sulla famiglia, sugli amici, sui professori in aiuto, bisogna essere fonte di cambiamento e lottare perché le cose difficili da vivere diventando condivise possano essere addomesticate. A volte solo una risposta molto creativa, fuori dalle righe, non convenzionale è la soluzione, a volte basta una sola persona che abbia il coraggio di tendere la mano per fare la differenza, a volte basta credere che solo l’amore conta perché tutto cambi e ciò che sembrerebbe invivibile diviene fonte di novità e di strutturazione positiva del reale.
Essere capaci di questo è una dote, un dono per il quale non serve conoscere le tabelline, o non fare errori di ortografia o avere una bella grafia, spesso ciò che conta è quello che si ha nel cuore, quello che ti spinge verso l’altro, a condividere, a impegnarsi perché nessuno soffra, nessuno si senta solo.
Bisogna andare oltre l’apparenza e mettere in discussione i vecchi schemi per trovare nuove soluzioni, per sopravvivere alla separazione dei genitori, alla morte di un padre, all’anoressia, ad un handicap totalmente invalidante a 16 anni, al bullismo, alla violenza sulle donne, all’alcolismo, ad una gravidanza indesiderata, alla leucemia, alla violenza, all’intolleranza razziale e sessuale, all’ignoranza, alla grettezza di una scuola che non accoglie e non sa proteggere la diversità, all’adolescenza in un mondo confuso e devastato.
Forse bisogna proprio essere dislessici per farcela, per trasformare le difficoltà, gli ostacoli, la paura, il dolore in capacità di donare, in rispetto, in unità, in progresso, in atti d’amore che leniscono la sofferenza del vivere e aprono le porte all’amore-dono che può cambiare ogni cosa.
In realtà è uno sguardo attento e preciso, un taglio di visione molto particolare sul mondo attraverso gli occhi e le capacità creative di una ragazza che usa quella particolare modalità di apprendimento.
É attraverso il suo filtro positivo che il mondo viene visto, studiato, compreso e anche cambiato.
Il mondo della scuola, rigido, bloccato negli stereotipi, impotente, incapace di comprendere le difficoltà, di fronteggiare le diversità, tutto preso a giudicare e stigmatizzare e non a dare chiavi di lettura del fattibile per rendere la vita vivibile, lo studio un’impresa possibile.
Lo sguardo penetra il mondo degli adulti, così inquieto e spaventoso, fonte di contraddizioni così forti da far vacillare qualunque certezza; in cui comprendere cosa sia l’amore è un percorso difficile e pieno di accidenti.
L’occhio attento scruta con consapevolezza l’adolescenza e il mondo in cui si relaziona e ne mette a nudo la fragilità, la forza, le tensioni, i pericoli, le gioie e il perenne stato di sorpresa che il vivere procura in quei giovani animi.
La gioventù non è tutta sciatta, insignificante, priva di rispetto o di ideali, i protagonisti di “200 giorni” sono giovani con doti particolari, sanno empatizzare con gli altri, sanno donarsi e pensano che per ogni ostacolo c’è una soluzione, che bisogna cercarla e non arrendersi mai, che se la si cerca in tanti è più facile trovarla.
Sono tantissimi i problemi che bisogna guardare in faccia e affrontare con un bagaglio di esperienze piccolo piccolo, la paura che l’ignoto ti procura, la confusione che nasce dal silenzio degli adulti.
Non si può superare ogni cosa da soli, ma bisogna poter contare sulla famiglia, sugli amici, sui professori in aiuto, bisogna essere fonte di cambiamento e lottare perché le cose difficili da vivere diventando condivise possano essere addomesticate. A volte solo una risposta molto creativa, fuori dalle righe, non convenzionale è la soluzione, a volte basta una sola persona che abbia il coraggio di tendere la mano per fare la differenza, a volte basta credere che solo l’amore conta perché tutto cambi e ciò che sembrerebbe invivibile diviene fonte di novità e di strutturazione positiva del reale.
Essere capaci di questo è una dote, un dono per il quale non serve conoscere le tabelline, o non fare errori di ortografia o avere una bella grafia, spesso ciò che conta è quello che si ha nel cuore, quello che ti spinge verso l’altro, a condividere, a impegnarsi perché nessuno soffra, nessuno si senta solo.
Bisogna andare oltre l’apparenza e mettere in discussione i vecchi schemi per trovare nuove soluzioni, per sopravvivere alla separazione dei genitori, alla morte di un padre, all’anoressia, ad un handicap totalmente invalidante a 16 anni, al bullismo, alla violenza sulle donne, all’alcolismo, ad una gravidanza indesiderata, alla leucemia, alla violenza, all’intolleranza razziale e sessuale, all’ignoranza, alla grettezza di una scuola che non accoglie e non sa proteggere la diversità, all’adolescenza in un mondo confuso e devastato.
Forse bisogna proprio essere dislessici per farcela, per trasformare le difficoltà, gli ostacoli, la paura, il dolore in capacità di donare, in rispetto, in unità, in progresso, in atti d’amore che leniscono la sofferenza del vivere e aprono le porte all’amore-dono che può cambiare ogni cosa.