“Ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi”.
San Paolo, Romani 8,18
Sul mondo, con spaventosa virulenza, si è abbattuto un “cigno nero” di proporzioni immense. Impossibile, dunque, prevederne l’impatto. Tuttavia, in quello che verrà ricordato a lungo come l’“anno fatale”, sorge più di un’ombra sulla corretta gestione dell’emergenza.
Giulio Sapelli, con la consueta profondità di pensiero, prova a fare luce su questa drammatica crisi e sugli scenari futuri. La pandemia e la sua gestione sono il frutto amaro di una società e di un sistema economico globalizzato come pure di un arretramento della politica, dello Stato e dello spirito pubblico. Sapelli ricostruisce bene le ragioni e gli sbocchi di questo disgraziato stato di cose. Ma tale sciagura, per l’autore, è anche una rara occasione di trasformazione. O meglio di Resurrezione. Il bene comune, così prezioso in questo momento, deve essere messo al centro della scena e devono soccombere i meri tornaconti sia privati sia nazionali. Il passaggio decisivo è la fine del dominio del mercato e il riconoscimento del lavoro come strumento principe per garantire equità sociale, benessere, sicurezza e giustizia.
San Paolo, Romani 8,18
Sul mondo, con spaventosa virulenza, si è abbattuto un “cigno nero” di proporzioni immense. Impossibile, dunque, prevederne l’impatto. Tuttavia, in quello che verrà ricordato a lungo come l’“anno fatale”, sorge più di un’ombra sulla corretta gestione dell’emergenza.
Giulio Sapelli, con la consueta profondità di pensiero, prova a fare luce su questa drammatica crisi e sugli scenari futuri. La pandemia e la sua gestione sono il frutto amaro di una società e di un sistema economico globalizzato come pure di un arretramento della politica, dello Stato e dello spirito pubblico. Sapelli ricostruisce bene le ragioni e gli sbocchi di questo disgraziato stato di cose. Ma tale sciagura, per l’autore, è anche una rara occasione di trasformazione. O meglio di Resurrezione. Il bene comune, così prezioso in questo momento, deve essere messo al centro della scena e devono soccombere i meri tornaconti sia privati sia nazionali. Il passaggio decisivo è la fine del dominio del mercato e il riconoscimento del lavoro come strumento principe per garantire equità sociale, benessere, sicurezza e giustizia.