Questo racconto di Čehov è del 1898, sei anni prima della morte dell’autore. Il tema dell’amore è presente in quasi tutte le opere cehoviane, fino all’ultimo racconto, La sposa, del 1904, nel quale un tipografo povero e malato, ma capace di sottrarsi ai condizionamenti sociali, “sobilla” la protagonista che sta per sposarsi in maniera combinata e automatica col figlio di un sacerdote di provincia. Non si viene a sapere come andrà a finire la ragazza, ma solo che andrà in città, scappando dalle nozze in corso di preparazione e rompendo il fidanzamento.
Quasi tutte queste opere contengono un alter ego di Čehov. Lo si riconosce perché è medico, oppure fatica molto in campagna, o perché è infelice, o perché la donna che ama è sposata con un altro, o perché non riesce a dichiarare l’amore alla sua amata, o perché si “sazia” troppo soffocando nella vita grassa qualsiasi pulsione creativa e/o sessuale.
La città è sempre vista come meta ambìta. Celebre è la frase delle Tre sorelle ripetuta spesso: «Andiamo a Mosca!» In provincia c’è la potenzialità, in città le cose si fanno. In provincia ci sono gli amori meschini, malati, di ripiego, in città c’è il mito dell’amore vero, della felicità. L’idea della città serve per alimentare il desiderio, per illudersi che, se non ora qui, almeno dopo là si avvererà questo e quello.
La città alimenta il desiderio, ma la campagna alimenta la creatività artistica. Ce lo dice chiaro e tondo il narratore come premessa della confidenza di Alëhin: «Ora alle finestre si vedevano un cielo grigio e alberi bagnati dalla pioggia, con un tempo del genere non si poteva andare da nessuna parte e non restava altro da fare che raccontare e ascoltare». Quando non si può andare da nessuna parte, ci tocca raccontare (o ascoltare/leggere).
La comunicazione – fallita o fallimentare – ha sempre un ruolo fondamentale, come accadrà poi in tutta la letteratura europea del Novecento. Lui vorrebbe dirle ma non osa, lei vorrebbe dirgli ma non sta bene, tutto è sospeso in dettagli – il binocolo, lo scompartimento, gli alberi bagnati – solo apparentemente secondari che restano l’unica cosa vera a cui gli amanti impossibili si affezionano per sempre. È melanconia, amore della sofferenza, senso di impotenza.
L’influenza del pensiero di Freud è già presente in modo molto marcato. L’Atto Mancato per eccellenza in questo racconto – la messa in pratica dell’amore – è preso di mira da Anna Alekséevna che, in mancanza di meglio, se la prende con gli atti mancati minori, pressoché innocui, di Alëhin: «Quando mi cadeva qualcosa, lei diceva freddamente: “Congratulazioni”. Se, andando con lei a teatro, mi dimenticavo di prendere il binocolo, poi lei diceva: “Lo sapevo, che l’avreste dimenticato”». Anche lei però è nevrotica e nella seconda metà del racconto ha un “esaurimento nervoso” e viene mandata dai medici al mare, lontano dal marito e dai figli.
Al mare potrebbe forse incontrare la protagonista di Dama con cagnolino, dell’anno successivo (1899), l’unico racconto che rompe questo pattern. Qui il sesso è consumato quasi fin dall’inizio, la tensione sembra stemperarsi, il playboy ha colpito e potrebbe procedere verso la prossima vittima, e invece la protagonista senza saperlo glielo impedisce, e lui la cerca, la trova, la ricerca, la ritrova, e si consuma un sacco di sesso, quasi come due amanti in un motel: tutto il sesso che manca altrove nelle opere di Čehov.
Quasi tutte queste opere contengono un alter ego di Čehov. Lo si riconosce perché è medico, oppure fatica molto in campagna, o perché è infelice, o perché la donna che ama è sposata con un altro, o perché non riesce a dichiarare l’amore alla sua amata, o perché si “sazia” troppo soffocando nella vita grassa qualsiasi pulsione creativa e/o sessuale.
La città è sempre vista come meta ambìta. Celebre è la frase delle Tre sorelle ripetuta spesso: «Andiamo a Mosca!» In provincia c’è la potenzialità, in città le cose si fanno. In provincia ci sono gli amori meschini, malati, di ripiego, in città c’è il mito dell’amore vero, della felicità. L’idea della città serve per alimentare il desiderio, per illudersi che, se non ora qui, almeno dopo là si avvererà questo e quello.
La città alimenta il desiderio, ma la campagna alimenta la creatività artistica. Ce lo dice chiaro e tondo il narratore come premessa della confidenza di Alëhin: «Ora alle finestre si vedevano un cielo grigio e alberi bagnati dalla pioggia, con un tempo del genere non si poteva andare da nessuna parte e non restava altro da fare che raccontare e ascoltare». Quando non si può andare da nessuna parte, ci tocca raccontare (o ascoltare/leggere).
La comunicazione – fallita o fallimentare – ha sempre un ruolo fondamentale, come accadrà poi in tutta la letteratura europea del Novecento. Lui vorrebbe dirle ma non osa, lei vorrebbe dirgli ma non sta bene, tutto è sospeso in dettagli – il binocolo, lo scompartimento, gli alberi bagnati – solo apparentemente secondari che restano l’unica cosa vera a cui gli amanti impossibili si affezionano per sempre. È melanconia, amore della sofferenza, senso di impotenza.
L’influenza del pensiero di Freud è già presente in modo molto marcato. L’Atto Mancato per eccellenza in questo racconto – la messa in pratica dell’amore – è preso di mira da Anna Alekséevna che, in mancanza di meglio, se la prende con gli atti mancati minori, pressoché innocui, di Alëhin: «Quando mi cadeva qualcosa, lei diceva freddamente: “Congratulazioni”. Se, andando con lei a teatro, mi dimenticavo di prendere il binocolo, poi lei diceva: “Lo sapevo, che l’avreste dimenticato”». Anche lei però è nevrotica e nella seconda metà del racconto ha un “esaurimento nervoso” e viene mandata dai medici al mare, lontano dal marito e dai figli.
Al mare potrebbe forse incontrare la protagonista di Dama con cagnolino, dell’anno successivo (1899), l’unico racconto che rompe questo pattern. Qui il sesso è consumato quasi fin dall’inizio, la tensione sembra stemperarsi, il playboy ha colpito e potrebbe procedere verso la prossima vittima, e invece la protagonista senza saperlo glielo impedisce, e lui la cerca, la trova, la ricerca, la ritrova, e si consuma un sacco di sesso, quasi come due amanti in un motel: tutto il sesso che manca altrove nelle opere di Čehov.