Ai confini di Dio: lettere tra monache e meninos de rua. Cosa c'è di più lontano e di più vicino di un monastero di clausura e una vita sulla croce della strada? Queste lettere ci raccontano l'incontro tra le monache di clausura e la vita di strada di bambini nel Maranaho, Brasile, anni 90, al calvario del mondo. Ai confini di Dio fu pubblicato da Morcelliana, ora è fuori catalogo, così ho chiesto a Fausto, mio zio, di poterlo editare in self publish e pubblicare in formato ebook, per non perdere questo patrimonio di umanità. Non credo ci sia migliore presentazione di questa lettera di Fausto ad una clarissa in monastero, dall'inferno della vita alla pace della preghiera: Carissima, scrivo per pagare un debito verso gli amici. Bisogna buttare nella spazzatura le false umiltà: è un dovere mettere in comune le «ricchezze» interiori. Perché noi non ci apparteniamo. Se uno ha un cerino non può tenerlo per sé, ma deve accenderlo sulla piazza del mondo, dove c'è tanto buio. Cosa ho a che fare io, così sprofondato nelle problematiche sociali, con le contemplative? Mi pare di vivere seduto su un vulcano. E i monasteri, invece, sembrano oasi di pace. Perché turbarli, far irrompere i poveri cristi nei corridoi gonfi di arcano? Procedo nella bruma. O forse ricerco, tra le righe della storia, «la comunione dei santi»? Nel corpo mistico di Cristo ci deve essere una specie di legge della compensazione: uno ha il carisma di buttarsi nel sociale, l'altro quello di scandagliare il mistero. Tutti e due sono necessari e bisogna trovare il modo di far rifluire le scoperte dell'uno nelle vene dell'altro. Per esempio: io sono uno che somatizzo il dolore degli altri. Come faccio a sopravvivere se non ho qualcuno che mi fa compagnia con la sua tenerezza? Oppure il desiderio di comunicare con le contemplative deriva dal sapervi più vicine al centro della storia, all'asse portante della vita? Ed allora siete in grado di capirmi meglio, perché Dio vi ha reso capaci di intendere il suo linguaggio, quello dei poveri. ... Te lo immagini un Cristo pompiere? Me la prendo con le istituzioni, perché so che potrebbero fare tanto per l'uomo. Anche i popoli sono diventati orfani. Non hanno sicurezze. E le cercano. Nelle sorgenti inquinate degli imperi. Ma voi, vi sentite «madri» anche dei popoli? Chi è della razza del Cristo, gli scorre nel sangue questo amore universale, per il quale sente che tutti gli uomini gli sono consanguinei. Abbiamo bisogno d'una invasione dello Spirito per superare i ghetti e le barriere innalzate da coloro che danno più importanza ai sabati e ai templi, che agli uomini in carne ed ossa. Oh se nascesse una rivolta nella chiesa, non di chiacchiere, ma di opere concrete! Per esempio: «Ecco: noi crediamo che non ci spetti più di tanto; facciamo i conti in piazza di quello che ci è lecito spendere, consumare, inquinare. Diamo l'esempio per indurre tutti quanti ad ammettere che è possibile essere uomini e non lupi!». Cosa aspettiamo a sfidare i grandi con cose piccole come i sassi della fionda di Davide? Insomma: io voglio una fede degna della stoffa del Cristo: quella che sposta le montagne. Non riesco a accettare supinamente che venga svilita, ridotta ad un pietismo, ad un sacramentalismo festivo. Il Cristo è un uomo con le braghe. La storia ce lo ha sfregiato. Lui non aspetta, ma prende l'iniziativa: previene. Dove lo trovi un uomo così?