«Metti in versi la vita, trascrivi / fedelmente, senza tacere / particolare alcuno, l'evidenza dei vivi.» i versi di Giovanni Giudici, autore posto in esergo a questa nuova raccolta di Dario Goffredo, costituiscono il dettato di questo «Alfabeto affettivo»: la persona, la linea che divide ciò che è pubblico da ciò che è privato, lo spazio poetico di ciò che riesce, ancora oggi, a smuovere un'umanità nell'incontro col reale, nelle esperienze e nelle inconsistenze di un mondo reso freddo, di un buio che non fa più paura. Le assenze di mescolano ai rimandi della poesia recente, alle presenze di echi in una scrittura che mescola la materia dei cinque sensi al desiderio di fare ritorno in un luogo che era, un tempo, il luogo della serenità e della quiete. La vita non si impara vivendo, ciò che resta sembra essere un residuo poco soddisfacente rispetto all'azione intrapresa, senza morale, senza esito certo, nei segnali di un alfabeto che può essere interpretato e allo stesso tempo può allontanarci da ogni ricerca di significato possibile, dove simboli di questo spaesamento sono «Numeri, lettere. Parole segrete alfanumeriche. / Maiuscole a caso. / Infanzia sbiadita. / Idilli da poco.»