Ottenere il successo, la sola condizione, grazie alla quale ci si guadagna onore e il giusto riconoscimento. Per Giacomo Latorre ciò non era una banale frase motivazionale, non rappresentava soltanto la sua ambizione. Era diventato il suo primo scopo, quasi un’ossessione, di certo il suo melodrammatico mantra. Era sin troppo consapevole del suo talento, molto meno della sua fortuna. Riuscire a pubblicare ben sei libri e non sentirsi soddisfatto quanto ci si aspetta. Com’è possibile? Giacomo non riuscì a sedersi sul compiacimento, né sull’appagamento, neanche alla luce dei sorprendenti risultati raggiunti da Traumacronia, il suo ultimo romanzo scritto. Ma quando realizzò che proprio quel manoscritto aveva tutto il potenziale per diventare una sceneggiatura di spicco per un film di alto contenuto, Giacomo credette che non ci fosse miglior soluzione, per garantire visibilità e prestigio alla sua opera letteraria, se non quella di far incidere i contenuti del suo romanzo su una pellicola cinematografica. Senza sprecare ulteriore tempo, Giacomo lasciò la sua città e il suo lavoro per mettersi subito alla ricerca di qualche personaggio che facesse al caso suo. Cinecittà non si trovava poi così lontana. Quindi da Napoli si diresse verso la capitale, dove conobbe Lorenzo De Santis, un regista tanto navigato quanto scaltro. Quando le porte del cinema sembravano spalancarsi ben presto si accorse che non poteva bastare la sola approvazione del regista, serviva anche quella da parte dei burocrati al servizio dell’alta finanza, gli scagnozzi devoti alle leggi del mercato. Inoltre anche il buon Lorenzo, da cinico ed esperto giocatore, era abile a giocarsi le sue carte sempre e solo a suo favore, anche a scapito dell’amico scrittore. Anche Giacomo ne aveva una nella manica, non un asso bensì un jolly, ma poi comprese che la vera partita bisognava giocarla altrove.
Genny Lepre
Genny Lepre