“Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma” (Antoine-Laurent de Lavoisier) Votata per tradizione alla trasformazione, l’Amarena Brusca non ha rivali nella dispensa della nonna emiliana, dove si esibisce in confetture, conserve e sciroppi dall’inconfondibile mordente. Prelibato e millenario frutto del ciliegio acido (prunus cerasus), la sua origine si perde nelle nebbie dei tempi, ma pare che già nella preistoria gli uomini conoscessero questa pianta spontanea dai frutti piacevolmente aciduli. La tradizione, con l’autorità di Plinio il Vecchio, vuole che l’amarena sia stata portata in Italia dalla Turchia su iniziativa del generale romano Lucullo, noto gourmet famoso per i suoi – luculliani – banchetti. In realtà, dicono gli storici, il merito di Lucullo è solo quello di aver introdotto nuove varietà della ben nota pianta, più succose e facilmente coltivabili. I dubbi sull’origine dell’amarena sono tuttavia poca cosa se paragonati alla grande confusione che regnava, fino a poco tempo fa, sulla stessa identità del frutto. Amarena, visciola e marasca sono le tre principali varietà botaniche del ciliegio acido, ma molte di più sono le varietà commerciali e tradizionali di questo frutto – ampiamente trattate e rappresentate in queste pagine – che per le sue straordinarie caratteristiche e proprietà salutistiche rappresenta una sfida cruciale per le nuove frontiere delle tecnologie agro-alimentari. E vale la pena investire su questo piccolo prodigioso frutto perché – lo dimostrano le oltre trenta aziende produttrici e trasformatrici censite in questo volume – l’amarena batte tutti sul tempo: mentre la maggior parte della frutta è più buona appena colta dalla pianta, la brusca non perde di fascino con la cottura, e men che meno tuffata sotto spirito. Perché tutto si trasforma, sì, ma poche trasformazioni riescono bene come a lei, l’inimitabile Amarena Brusca di Modena.