Amma cucenà è un imperativo categorico che negli anni si è tinto di malinconia e ironia, un'espressione corale, soprattutto femminile, dell'isola di Procida. Le procidane sono cambiate nel tempo, ma hanno sempre cercato di mantenere tenacemente la loro profonda identità insulare. Com'è cambiato invece il senso del dovere legato a quell'espressione? Cosa resta della fortissima identità procidana quando si va oltre i limoni, le alici, il coniglio e tutto il ben di Dio da sempre associato alla cucina di Procida? Amma cucenà attraversa le onde di questi interrogativi aggrappandosi a una zattera di ricordi, tradizioni, ingredienti e ricette caserecce, di una cucina principalmente povera, proponendo uno stimolante sguardo a 360 gradi su Procida e su quello che le arriva dal mondo. Non mancano, come segno di resistenza ai mutamenti spazio-temporali e come marchio più autentico dell'identità insulare, incursioni in lingua procidana. "Procida, più che un'isola piccola, è un piccolo specchio nel mare. Su Procida la Storia ha sempre amato fermarsi un attimo e chinarsi, ogni volta che è passata dal Mediterraneo, per guardarsi riflessa. Così, a parlare con i pescatori che rammendano le reti, con i negozianti e i contadini abituati come marinai a stivare all'inverosimile di merci e ortaggi gli spazi minuscoli di orti e botteghe […] si scopre una società che - dentro le pieghe del "locale" - conserva come un fossile di mare le tracce di ogni evento 'globale'". (Antonello Petrillo)
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