Scrivere una poesia è fare un tatuaggio sulla pelle; è sentirne il dolore mentre s’imprime addosso e poi gioirne per la bellezza, perché ciò che indelebilmente è rimasto lì, in quell’angolino recondito in fondo al cuore, è il segno del travaglio che induce al parto di se stessi. Scrivere una poesia è un viaggio, una catarsi emotiva, che fa scoprire, voltandosi indietro, che ciò che è stato non si può cambiare, ma che certamente può rendere migliori irrobustendo le gambe per proseguire il viaggio, verso l’infinito, con più tenacia. Questa raccolta poetica rappresenta le varie stagioni della vita, dove la protagonista indiscussa è lei: “Anima nuda”, che si spoglia con travolgente umiltà dinanzi al dolore, alla sofferenza più feroce e s’inginocchia al cospetto dei suoi stessi occhi insanguinati che la guardano impietriti. Anima nuda si nutre di malinconia e decanta la vita ora con rabbia, quasi fino a volerla schiaffeggiare, ora con voglia di affrontarla e viverla. I versi, pervasi da sentimenti poliedrici, irrompono in un turbine di emozioni che sa di rinascita, anche quando il tempo sottrae e non restituisce. La natura, cornice indiscussa delle variegate emozioni, è testimone del fluire delle stagioni che “Anima nuda” attraversa, in punta di piedi, col respiro sospeso tra presenza e assenza, tra Vita e Morte scegliendo poi di correre verso il cielo e prendersi l’azzurro, per esserci ancora. Con più forza, ancora più di prima. Per vincere contro quei meandri oscuri e maligni dell’io stanco che crede, sbagliando, di non riuscire più a combattere. A quel punto, Anima nuda ferma le sue pupille, increduli e vacillanti, sul mondo. E timidamente emette un sibilo: “…sento l’aria entrare nei polmoni. Mi spoglio d’inverno e di grigiore. Il respiro si veste di mille colori. Li vedo. Li sento. Li tocco. Uno stormo di gabbiani fende il cielo ferito. Gocce d’azzurro tingono le mie mani. Braccia s’incrociano in un abbraccio senza fine, levito nel tuo azzurro. Mi perdo, per poi ritrovarmi nella mia vita.”