A cura di Carlo Cresti Saggi di: Guglielmo Bilancioni, Marco Biraghi, Franco Cardini, Barbara Catalani, Carlo Cresti, Riccardo De Martino, Piero Degli'Innocenti, Fauzia Farneti, Benedetto Gravagnuolo, Piero Guarducci, Benedetta Stoppioni Non è improbabile che in una stupenda notte di particolare limpidezza, l'uomo, ammirando lo spettacolo del cielo stellato, abbia sentito il desiderio di riprodurre sulla superficie della terra l'immagine stupefacente del firmamento. Non è improbabile, cioè, che l'intenzione di tracciare i contorni planimetrici di un tempio, di un castello, di un palazzo o l'impianto di una città, ad imitazione del suggestivo disegno di alcune stelle particolarmente brillanti e formanti una costellazione, ossia il proponimento di rispecchiare in architettura le forme celesti, siano stati guidati dalla speranza o dalla certezza che planimetrie di architetture e di reticoli urbani potessero risultare avvantaggiati in perfezione, in significati augurali e simbolismi cosmici assumendo riferimenti, più o meno espliciti, alle raffigurazioni individuabili nella volta celeste. Fin dall'antichità più lontana l'attenzione rivolta alle stelle e finalizzata al tentativo di imitazione delle meraviglie celesti, ha costituito un costante atteggiamento dell'uomo, tanto che si potrebbe anche valutare la ricerca di omologia tra cielo e terra come un segno di smisurata ambizione, emulativa della creazione divina. Ma sembra invece più credibile che la volontà di parafrasare sulla terra, nella planimetria di un'architettura o di una città, la conformazione di apparenti allineamenti stellari, sia interpretabile come riconoscimento, scelta e glorificazione del divino.
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