Gli dei avevano finito vittoriosamente la battaglia contro i titani, poi quella contro i giganti e quindi contro i ciclopi, e si rendevano conto dell'esistenza degli umani, che sentivano in effetti sottoposti ma con i quali era talvolta piacevole convivere se non li si prendeva troppo sul serio.Qualcuno degli dei si spingeva un po' troppo nell'amicizia con gli uomini, salvo poi pentirsene e vendicarsi senza molti rimpianti.A seguito di questi contatti, erano stati generati individui che potevano considerarsi o semidei, ovvero eroi. I primi erano talvolta generati o adottati dal dio e destinati alla immortalità, i secondi restavano uomini a tutti gli effetti; ma destinati ad imprese coraggiose e difficili, talvolta conseguite con l'aiuto degli stessi dei.Nella figura dell’eroe si raggiunge quella caratteristica solo greca della kalokagathia che fa dell’eroe una figura bella, anche esteticamente, e capace, tanto che si può tradurre con l’espressione: superiore in tutto. Ma l’eroe che è sempre kalòs, bello tanto da essere rappresentato nudo, non è però mai agathòs, buono, nel senso attuale. Non conosce bontà, compassione, riconoscenza, e neanche amicizia se non unita ad una grande gelosia. Il periodo degli eroi non ha una durata lunga: tra la lotta dei centauri con i lapiti, l'impresa degli argonauti, la caccia al cinghiale caledonio, i sette contro Tebe e la guerra di Troia non corrono tre generazioni.Forse l'ultimo degli eroi fu Odisseo che, tornato da Troia, venti anni dopo la conclusione della guerra, sentì potente il richiamo del mare, guadagnandosi una morte ignota.In questo volume si narra la storia degli Argonauti alla conquista del vello d'oro, con cenni alle imprese precedenti e successive dei tanti eroi che vi presero parte.