Introduzione
Scrivere racconti è stato il miglior esercizio di scrittura che avrei mai potuto immaginare. Ho imparato di più lottando con i miei personaggi e le loro caratteristiche che da qualsiasi manuale, lezione, o consiglio amichevole incontrato lungo il mio viaggio nella scrittura.
Stranamente, ho dovuto disimparare qualche brutta abitudine. La prima delle quali era aggrapparmi al concetto ridicolo che sapevo quello che stavo facendo. Ho dovuto accettare il fatto che i miei personaggi erano abbastanza abili da raccontare una buona storia per conto loro, se solo mi fossi tolta dai piedi. La seconda era quella di tacere circa due paragrafi prima che avessi finito.
La consapevolezza che al lettore non interessano veramente tutti i dettagli (che spiegano perché, per esempio, zia Sarah è una svitata), ma si concentra piuttosto solo sulla storia che sto realmente raccontando, ha portato la mia proverbiale penna in territori meravigliosi e terrificanti. Improvvisamente, non c'erano più parole dietro cui nascondersi. Il significato era ciò che importava. Una straziante realtà e un'intuizione penetrante marciarono sulla pagina e reclamarono il proprio ruolo nel gioco.
Spesso ho sussultato all'impatto con una storia che non sapevo di avere dentro di me. Forse non lo era. Forse me la portavo sulle spalle ed è piombata sulla pagina quando ho iniziato a battere sulla tastiera. Così mi sentivo gran parte dei giorni…
Chi sei?
Sono una storia che sta cercando di essere raccontata. Ti DISPIACE?
Oh, no, certo che no. Non preoccuparti. Scriverò con solo un paio di dita mentre mangio questi deliziosi (e nutrienti) M&M's con le noccioline e sto a guardare.
D'accordo. Tu pensa a te stessa. Solo stai FUORI dai piedi, capisci?
Piuttosto pietoso essere intimidita dalla mia stessa storia. Ma diamine, fanno loro tutto il lavoro e io mi becco tutti gli M&M's. E forse, se presto attenzione, potrei imparare come scrivere una buona storia.
Scrivere racconti è stato il miglior esercizio di scrittura che avrei mai potuto immaginare. Ho imparato di più lottando con i miei personaggi e le loro caratteristiche che da qualsiasi manuale, lezione, o consiglio amichevole incontrato lungo il mio viaggio nella scrittura.
Stranamente, ho dovuto disimparare qualche brutta abitudine. La prima delle quali era aggrapparmi al concetto ridicolo che sapevo quello che stavo facendo. Ho dovuto accettare il fatto che i miei personaggi erano abbastanza abili da raccontare una buona storia per conto loro, se solo mi fossi tolta dai piedi. La seconda era quella di tacere circa due paragrafi prima che avessi finito.
La consapevolezza che al lettore non interessano veramente tutti i dettagli (che spiegano perché, per esempio, zia Sarah è una svitata), ma si concentra piuttosto solo sulla storia che sto realmente raccontando, ha portato la mia proverbiale penna in territori meravigliosi e terrificanti. Improvvisamente, non c'erano più parole dietro cui nascondersi. Il significato era ciò che importava. Una straziante realtà e un'intuizione penetrante marciarono sulla pagina e reclamarono il proprio ruolo nel gioco.
Spesso ho sussultato all'impatto con una storia che non sapevo di avere dentro di me. Forse non lo era. Forse me la portavo sulle spalle ed è piombata sulla pagina quando ho iniziato a battere sulla tastiera. Così mi sentivo gran parte dei giorni…
Chi sei?
Sono una storia che sta cercando di essere raccontata. Ti DISPIACE?
Oh, no, certo che no. Non preoccuparti. Scriverò con solo un paio di dita mentre mangio questi deliziosi (e nutrienti) M&M's con le noccioline e sto a guardare.
D'accordo. Tu pensa a te stessa. Solo stai FUORI dai piedi, capisci?
Piuttosto pietoso essere intimidita dalla mia stessa storia. Ma diamine, fanno loro tutto il lavoro e io mi becco tutti gli M&M's. E forse, se presto attenzione, potrei imparare come scrivere una buona storia.
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