...dalle colt alle chitarre, dai cavalli alle motociclette, dalle piste alle highways, dal cinema alla fiction seriale, resta il dato di fatto di un mito della frontiera capace di suscitare, negli USA e all’estero, immagini di grande impatto emotivo e visivo. Gli eroi della frontiera, il Lone Rider, l’Easy Rider, l’American Sniper, sembrano evocare un mondo in cui nulla è dato ma tutto è da scoprire e da cambiare, lungo la pista così come lungo l’highway o le distese infide del Medio Oriente. A differenza del cavaliere western, tuttavia, quello contemporaneo può accorgersi che la frontiera è chiusa, che il suo è solo un viaggio destinato a finire, che il mondo è dato e delimitato (però al cinema nel 2015 c’è The Martian) e che, per l’Easy Rider, non c’è posto se non nei sogni. Come dice Peter Fonda: “Siamo fregati”. E da qui la disillusione, tanto più forte quanto più ci si accorge di essere “just like all the rest” e l’american dream, più che essere scontato, diviene il termine di paragone con cui negli USA si misura la distanza tra sogni e realtà, ancora più difficile da accettare nel momento in cui l’insistente globalizzazione ha eroso il ruolo sociale della middle class, tradizionale riserva identitaria da cui attingere, per qualsiasi politico, nei momenti chiave della storia del paese (e nulla come la famiglia di Howard Cunningham ha rappresentato meglio l’età dell’oro di questa classe sociale).