Ogni poeta declama a se stesso i propri versi, tendendo l’orecchio verso arcane profondità. La dizione di questo quarto libro di Maria Fontana Cito è principalmente l’eco di un sottostante testo di dolore e di affanno. Ma, per chi sa ascoltare, gli umori di queste sofferenze si compongono in proporzioni riscontrabili anche nelle armonie musicali. In tal modo, se il dolore appare come una specie particolare di musica, ciò che si è vissuto, rivive, risuona e si rimodula su nuove basi. L’esperienza, come una variazione su tema, si allontana da sé e tende a ricominciare orientandosi - come dice Verlaine - “verso altri cieli e verso altri amori “.