“Wen-tzu domandò: quanti tipi di regno esistono? Lao-Tzu rispose: solo uno”Discutere di politica con un politicante è come parlare di religione con un prete o di psichiatria con un matto. Per chi ci sta dentro, e ci rimane ottimamente bene, la politica è come una mamma sempre prodiga di attenzioni e benefici, anzi come una manna miracolosa, tutta un fioccare di privilegi, mazzette di banconote e fondi neri, che piovono dal cielo (talvolta all’insaputa del beneficiario!) come il cibo divino pioveva sulle teste dei biblici padri del deserto. Perciò queste pagine sono dedicate ai normali cittadini, laici e profani, ai non addetti e non contaminati dal germe della politica, a coloro ai quali non è stata mai offerta neanche una candidatura al consiglio comunale o di circoscrizione. Segno che nessuno li ha mai considerati abbastanza disonesti e scellerati. Non è vero, come può esser comodo far credere, che la politica sia un’arte o una scienza; è soltanto una pratica immonda. Richiede certamente delle abilità (come rubare, profittare, mentire, ingannare, etc.), ma sono attitudini che la gente dabbene non coltiva e tralascia volentieri di affinare. Anche se, così agendo, i buoni cittadini si autoescludono dalla competizione e si lasciano governare dagli individui più infidi e ignobili: i “peggiori” della società, i politici appunto.Le persone sane e specchiate non entrano in lizza con i politicanti, ma quand’anche non si escludessero da sole verrebbero comunque prontamente emarginate dai competitors più furbi e spregiudicati. È perciò che “il partito degli onesti”, da molti vagheggiato, non ha la minima possibilità di affermarsi nella nostra “serva Italia”. Ostano le caratteristiche antropologiche di fondo che distinguono il politicante dalla persona onesta, in primis la capacità e la disponibilità a utilizzare strumenti demagogici atti ad attrarre il consenso degli elettori, soprattutto quello dei “moderati” e degli sprovveduti che tendono a votare in modo diametralmente contrario ai propri interessi di classe. L’esito finale è comunque prevedibile e scontato: vince sempre il peggiore dei contendenti, quello che usa al meglio la menzogna e la demagogia. Tra tutte le forme di governo individuate dai filosofi, si può pragmaticamente operare una reductio ad unum: la cachistocrazia, il governo dei peggiori, o più semplicemente la cacocrazia, il cattivo governo, male endemico, e purtroppo non estirpabile, del nostro Paese.Non ci sarà vero progresso fin quando non si porrà un argine civile alla prepotenza politica. Occorre che i buoni cittadini se impegnino in una strenua resistenza antipolitica. Forse non si otterrà il buongoverno da tutti desiderato, né il governo dei sapienti immaginato da Platone (contradictio in terminis perché il vero sapiente non aspira a governare), ma si potrà sperare in un governo del meno peggio, unica possibile, e piuttosto rara alternativa al governo dei peggiori.