Scorci di vita vissuta e racconti di una realtà che si dipana tra il faceto ed il verosimile, spesso polemici, ma sempre contornati da una vena di ironia che ne sdrammatizza un senso che scivolerebbe altrimenti nel gemebondo. E su questo gioco, di condivisione e dissenso, si intrama la lettura di “Cago nella rosa dei venti e me ne vado”, un libro che incorpora quello spirito di vendetta nei confronti del mondo esterno insito nell’epopea umana del lavoratore medio verso le istituzioni gerarchicamente superiori ma che, talvolta, correndo il rischio di sconfinare sul nazionalpopolare spinto in stile cine-panettone, prova a lanciare messaggi all’insegna della decrescita e del “less is more”. Non è un libro-denuncia, né ha la pretesa di smuovere le coscienze; l’autore racconta di sogni, di doveri, di bisogni e, perché no, di ragionevoli speranze. A differenza infatti dei molteplici libri in cui si racconta la facile e vittoriosa rivincita di un lavoratore che ha deciso di mollare tutto e andare a svernare ai tropici, questa è la “true story” di tutti quelli che invece ancora non ce l’hanno fatta e continuano quotidianamente a sognare. Insomma un libro, che potrebbe piacevolmente accompagnare l’ultimo bisogno della sera trasformandolo in una meta-lettura d’immedesimazione -cagare immaginando di cagare-, consegnando al cuscino le ultime pagine, mentre un sorriso combatte la rassegnazione della routine della giornata che seguirà, operatore aeroportuale, magazziniere, impiegato o libero professionista che sia, con la mente che riporta all’odore del mare e delle palme caraibiche ed in sottofondo quella fastidiosa musica che proprio non vuole spegnersi… Sveglia e caffè, barba e bidè, presto che perdo il tram, se il cartellino non timbrerò… No!! Crocefisso in sala mensa No!