La poesia nasce per un bisogno intimo di celebrare, di cantare costruendo un’architettura di parole nei più vari registri, dai più intimistici e introspettivi ai più altisonanti. Signorini con la sua produzione in versi esplora in profondità i meandri della memoria e degli istanti irripetibili che, in essa, si sono sedimentati. Sono i suoi momenti di essere, il dispiegarsi della sua vita; suscettibili tuttavia di diventare, come accade in tutta la grande scrittura e nella grande poesia, i momenti di essere di tutti noi. Il tempo della scrittura è unico: è un tempo vissuto, fatto di istanti unici e dalla durata soggettiva, dove un anno può essere incredibilmente breve e un minuto angosciosamente o miracolosamente lungo; è un tempo colmo di segmenti più o meno remoti ma pronti a riaffiorare, nel bene o nel male, per un’intuizione fulminea o per un’imprevista associazione sensoriale. Il linguaggio è pregnante, essenziale, non tende all’effetto ma alla sostanza del pensiero e delle immagini, alla rilevanza di ogni singola parola: scelta e pesata, meditata, osservata.