Letteratura - romanzo breve (53 pagine) - Fate in modo di non prendere impegni, di avvertire amici e parenti che per qualche ora sarete irraggiungibili, di avere a portata di mano cibo e bevande, perché quando si attacca a leggere questo breve romanzo è impossibile smettere.
Un’intensa riflessione sul silenzioso dialogo tra vita e morte. Un’asciutta indagine sulle increspature più recondite dell’animo umano, in perfetto contrasto con l’umido borgo appenninico in cui si dipana la vicenda. La noia, la solitudine e la fatica del sopravvivere, immortalate senza mezzo cedimento al registro patetico, stringono la gola del lettore impedendogli di sottrarsi a domande solo apparentemente banali, domande che fanno paura a tutti… perché nasciamo? perché moriamo? che senso ha il nostro passaggio sulla terra? Un anziano prevosto di montagna non cerca nemmeno di rispondere o forse lo fa mettendo in dubbio le misere certezze racimolate dentro un’esistenza fatta di niente… Dai costoni dei monti e dai pascoli veniva giù il color blu della notte. Non c’era più grama compagnia di quell’ora. Vi sorprendono certi pensieri, e i ricordi v’entrano in corpo: “Tutto qui?” vi vien fatto di chiedere: sicché un uomo non è più neanche un uomo.
Silvio D’Arzo, pseudonimo di Ezio Comparoni, (Reggio Emilia, 6 febbraio 1920 – ivi, 30 gennaio 1952) fu scrittore dalla vita breve e povera di avvenimenti esteriori, ma intensissima dal punto di vista intellettuale. Si interessò di glottologia nonché di letteratura inglese e scrisse opere molto diverse tra loro per genere e stile. Spaziò, infatti, dalla poesia (Luci e penombre, 1935) al romanzo (All’insegna del Buon Corsiero, 1942; Casa d’altri, 1953; Essi pensano ad altro, 1976), dalla letteratura per l’infanzia (Penny Wirton e sua madre, 1978; Il pinguino senza frac e Tobby in prigione, 1983) ai racconti (Maschere, racconti di paese e di città, 1935; L’aria della sera e altri racconti, 2002). Diede alle stampe anche saggi, d’argomento perlopiù letterario. La maggior parte dei suoi scritti uscì dopo la sua morte, avvenuta a soli 32 anni a causa di una grave forma di leucemia.
Un’intensa riflessione sul silenzioso dialogo tra vita e morte. Un’asciutta indagine sulle increspature più recondite dell’animo umano, in perfetto contrasto con l’umido borgo appenninico in cui si dipana la vicenda. La noia, la solitudine e la fatica del sopravvivere, immortalate senza mezzo cedimento al registro patetico, stringono la gola del lettore impedendogli di sottrarsi a domande solo apparentemente banali, domande che fanno paura a tutti… perché nasciamo? perché moriamo? che senso ha il nostro passaggio sulla terra? Un anziano prevosto di montagna non cerca nemmeno di rispondere o forse lo fa mettendo in dubbio le misere certezze racimolate dentro un’esistenza fatta di niente… Dai costoni dei monti e dai pascoli veniva giù il color blu della notte. Non c’era più grama compagnia di quell’ora. Vi sorprendono certi pensieri, e i ricordi v’entrano in corpo: “Tutto qui?” vi vien fatto di chiedere: sicché un uomo non è più neanche un uomo.
Silvio D’Arzo, pseudonimo di Ezio Comparoni, (Reggio Emilia, 6 febbraio 1920 – ivi, 30 gennaio 1952) fu scrittore dalla vita breve e povera di avvenimenti esteriori, ma intensissima dal punto di vista intellettuale. Si interessò di glottologia nonché di letteratura inglese e scrisse opere molto diverse tra loro per genere e stile. Spaziò, infatti, dalla poesia (Luci e penombre, 1935) al romanzo (All’insegna del Buon Corsiero, 1942; Casa d’altri, 1953; Essi pensano ad altro, 1976), dalla letteratura per l’infanzia (Penny Wirton e sua madre, 1978; Il pinguino senza frac e Tobby in prigione, 1983) ai racconti (Maschere, racconti di paese e di città, 1935; L’aria della sera e altri racconti, 2002). Diede alle stampe anche saggi, d’argomento perlopiù letterario. La maggior parte dei suoi scritti uscì dopo la sua morte, avvenuta a soli 32 anni a causa di una grave forma di leucemia.