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L'analisi della fortuna di Omero nella produzione letteraria di Cicerone si inserisce nella complessa questione relativa alla penetrazione della cultura greca a Roma nella tarda Repubblica. Se ancora all'epoca di Catone e di Mario nell'ambito della vita pubblica un uomo politico poteva ostentare un certo disprezzo nei confronti della cultura greca, all'epoca di Cicerone un simile atteggiamento doveva apparire anacronistico o almeno ridimensionato dall'importanza e dal prestigio riconosciuto alla cultura ellenica. A partire dalle grandi vittorie di Roma, in quel periodo storico compreso fra la…mehr

Produktbeschreibung
L'analisi della fortuna di Omero nella produzione letteraria di Cicerone si inserisce nella complessa questione relativa alla penetrazione della cultura greca a Roma nella tarda Repubblica. Se ancora all'epoca di Catone e di Mario nell'ambito della vita pubblica un uomo politico poteva ostentare un certo disprezzo nei confronti della cultura greca, all'epoca di Cicerone un simile atteggiamento doveva apparire anacronistico o almeno ridimensionato dall'importanza e dal prestigio riconosciuto alla cultura ellenica. A partire dalle grandi vittorie di Roma, in quel periodo storico compreso fra la presa di Siracusa (212 a.C.) e la distruzione di Corinto (146 a.C.), la letteratura, la filosofia e le arti dei greci iniziarono ad impossessarsi (anche grazie ai ricchissimi bottini di guerra) a tal punto del ceto dirigente romano che un soggiorno di studio in Grecia rappresentava una tappa fondamentale (oggi diremmo "corso di aggiornamento") per la formazione intellettuale dei giovani delle famiglie più in vista. E assume un significato piuttosto emblematico, soprattutto per i futuri rapporti culturali fra Roma ed Atene, il fatto che L. Emilio Paolo, dopo la vittoria di Pidna (168 a.C.), decise non solo di compiere un periplo della Grecia, ma anche di chiedere agli ateniesi «ut ii sibi quam probatissimum philosophum mitterent ad erudiendos liberos, item pictorem ad triumphum excolendum», alla cui richiesta gli ateniesi gli mandarono il filosofo Metrodoro, allievo di Carneade. In campo letterario la poesia greca fu un modello per i letterati romani, già dai tempi di Livio Andronico e della sua traduzione in latino dell'Odissea, e a Roma Omero fu pertanto uno degli autori greci più studiati nelle scuole ed amati. Se Ennio infatti arrivava a dire che Omero, apparsogli in sogno, gli aveva rivelato di essersi incarnato in lui, si capisce facilmente perché nella sua persona dall'identità incerta si vedeva il poeta per antonomasia come osserverà Seneca in una lettera: «poeta è un appellativo comune, ma già presso i Greci il termine poeta è diventato un attributo distintivo di uno solo: capiresti che si parla di Omero, quando senti dire "il Poeta"».