Città – Górod in russo – è un ciclo di poesie di Aleksàndr Blok (1880-1921) scritte tra il 1904 e il 1908.
Siamo in pieno simbolismo, e in Górod Blok su questi simboli erige una vera e propria visione mistica della vita. La prostituta è uno di questi simboli, un altro è la sera, e quando questi si combinano col vino rosso portano il poeta in una dimensione metareale che è quella agognata in tutto il resto della vita/giornata. Il poeta sente l’angoscia del vivere e cerca di soffocare questo stato d’animo tuffandosi nella sera metropolitana.
In certi casi l’intervento metafisico sulla quotidianità è esplicitato («Getta l’Eterno in città / un tramonto di stagno» oppure «Raggio squarcia la nebbia piovosa – / la dea nella cripta entra...»). Il poeta deve solo cogliere da segni a loro modo evidenti (il color stagno, per esempio) quello che la città, dotata di un suo metabolismo autonomo come essere vivente a sé stante, gli offre per accedere alla dimensione meno appariscente.
La fabbrica è un altro organo di questo organismo vivente, coi suoi fumi, tutti funzionali a occultare e a mostrare. I fumi non sono mai inquinamento. «Blu aleggia il fumo in città»: i fumi hanno sempre colori mistici, non c’è affatto una distinzione tra fumi sani (nebbia, foschia, nuvole eccetera) e fumi malati (industriali, metropolitani).
E tra questi fumi emergono due figure femminili principali, qui in Górod, «La donna invisibile» e «La donna inconoscibile» (in russo Nevidìmka e Neznakómka). Normalmente quest’ultima viene tradotta in italiano come «Sconosciuta», cosa che le toglie l’aura mistica e le conferisce il senso di una semplice forestiera che nessuno ha ancora avuto modo di conoscere. Invece, così come la Nevidìmka è la donna che non può essere vista, la Neznakómka è la donna che non può essere conosciuta.
Siamo in pieno simbolismo, e in Górod Blok su questi simboli erige una vera e propria visione mistica della vita. La prostituta è uno di questi simboli, un altro è la sera, e quando questi si combinano col vino rosso portano il poeta in una dimensione metareale che è quella agognata in tutto il resto della vita/giornata. Il poeta sente l’angoscia del vivere e cerca di soffocare questo stato d’animo tuffandosi nella sera metropolitana.
In certi casi l’intervento metafisico sulla quotidianità è esplicitato («Getta l’Eterno in città / un tramonto di stagno» oppure «Raggio squarcia la nebbia piovosa – / la dea nella cripta entra...»). Il poeta deve solo cogliere da segni a loro modo evidenti (il color stagno, per esempio) quello che la città, dotata di un suo metabolismo autonomo come essere vivente a sé stante, gli offre per accedere alla dimensione meno appariscente.
La fabbrica è un altro organo di questo organismo vivente, coi suoi fumi, tutti funzionali a occultare e a mostrare. I fumi non sono mai inquinamento. «Blu aleggia il fumo in città»: i fumi hanno sempre colori mistici, non c’è affatto una distinzione tra fumi sani (nebbia, foschia, nuvole eccetera) e fumi malati (industriali, metropolitani).
E tra questi fumi emergono due figure femminili principali, qui in Górod, «La donna invisibile» e «La donna inconoscibile» (in russo Nevidìmka e Neznakómka). Normalmente quest’ultima viene tradotta in italiano come «Sconosciuta», cosa che le toglie l’aura mistica e le conferisce il senso di una semplice forestiera che nessuno ha ancora avuto modo di conoscere. Invece, così come la Nevidìmka è la donna che non può essere vista, la Neznakómka è la donna che non può essere conosciuta.