Scritto fra il 1908 e il 1909, il romanzo Colei che non si deve amare rappresenta nella produzione di Guido Da Verona un vero e proprio “caso” per la tematica scabrosa dell’incesto proposto, sì, come sperimentazione di un erotismo più problematico ma, inevitabilmente, destinato a suscitare reazioni di rigetto morale e letterario. Certo è che alle condanne della critica corrispose uno straordinario successo di pubblico tale da garantire al romanzo un record di vendite che lo poneva fra i best-seller delle opere dello scrittore, avvicinandolo ai livelli di Mimì Bluette, fiore del mio giardino, indubbiamente l’opera più amata dai lettori. Narrato in maniera abile e coinvolgente tanto da mescolare letterarietà e tensione drammatica, sensualità, trasgressioni morali e tecnica della suspense, il romanzo pone al suo centro la vicenda di Arrigo del Ferrante, figura camaleontica di arrampicatore sociale animato dal desiderio smodato di uscire dall’ambiente piccolo-borghese della famiglia per entrare, con i mezzi più spregiudicati, nel mondo aristocratico. Una carriera erotico-mondana quella di Arrigo che non risparmia colpi fino a quando s’imbatte nel fascino irresistibile e peccaminoso della sorella Loretta che considera l’amore superiore a qualsiasi norma morale e condurrà l’inetto Arrigo alla perdizione. Insaziabile, perversa , lussuriosa Loretta smembra Arrigo in un gioco ineluttabile che si risolve nell’amplificazione delle pagine, fino ad arrivare alla duplice catastrofe della nobilitazione sociale e della trasgressione morale con il protagonista che si spara un colpo di pistola alla tempia schernito dagli amici aristocratici e respinto dalla sorella divenuta amante di un altro perché Loretta è appunto colei che non si deve amare.